Vi ricordate quella poesia un po’ malinconica di Guido Gozzano, “Notte santa”, che imparavamo da piccoli in occasione della recita scolastica di Natale? Ma sì, quella che ripeteva ad ogni strofa “il campanile scocca lentamente…” le varie ore della notte, finchè Maria e Giuseppe, rattristati dal rifiuto degli albergatori, non trovano un luogo per dare alla luce Gesù!

Due giorni fa i bambini del catechismo l’hanno proposta. Io ero davanti a loro. Un classico del Natale. Il bambino che faceva Giuseppe era tutto preso dal suo ruolo e con molta serietà ha letto le parole iniziali. “Consolati Maria, nel tuo pellegrinare…” Chissà se il bambino ha capito che passano giorni in cui non aspettiamo che questo: che qualcuno ci dia consolazione, ci regali una parola che guarisca e un gesto che rassereni.

Ma anche che, quando ci accorgiamo di perdere continuamente qualcosa, di smarrirci nei progetti e nei sogni, conserviamo la capacità di consolare qualcuno, di volere un po’ di bene a chi divide con noi la fatica del pellegrinare. Un sogno? Forse.

Giuseppe ci ha creduto. Si è fidato. Perché sentiva nel fondo del cuore che quella era la cosa giusta da fare e “prese con sé Maria”.

Forse è tutto qui il cristianesimo: svegliarti e prenderti cura di qualcuno che il Signore ti affida, di ciò che vivi. Bello o brutto che sia. Quel bambino che diceva nella recita “consolati Maria…” in fondo esprimeva il bisogno che abbiamo tutti di adulti che siano padri (anche nella Chiesa), autorevoli e non certo autoritari, fianco a fianco con la gente che cammina ogni giorno.

È tempo di stare seduti ai piedi di Gesù per placare l’ansia, le paure, la fretta.

A volte per Lui non c’è posto nel nostro “albergo”. Ma per noi c’è posto nella sua vita, nel suo cuore tutte le volte che vorremmo. Per questo c’è bisogno di tacere. E dire solo grazie come possiamo, forse senza capire bene tutto, restando davanti a lui come bambini.

Auguri con il cuore.

Don Donato

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