(Gv 16,12-15) In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Il problema che più ci sta a cuore come credenti è quello riguardante il senso della Trinità per noi. La Trinità può dire qualcosa alla nostra vita?
È una verità che serve, che ha una qualche incidenza nel nostro modo di vivere?
Ci basta dire questo.
Se il nostro Dio è un Dio trinitario, chi nella propria vita rispecchia meglio l’immagine di Dio?
Giovanni dice: «Chi ama è nato da Dio e conosce Dio». Immagine di Dio non è dunque l’individuo forte e sicuro di sé, ma l’uomo che ama o meglio, i due che si amano, la famiglia dove ci si ama, i molti che si amano.
La parola «insieme» dovrebbe essere considerata la parola più religiosa di questo mondo.
E per contro, se non c’è amore, non c’è fede, non c’è rapporto con Dio.
Non c’è rivelazione di Dio.
Anzi, ogni volta che si pecca contro l’amore, è come se il nome di Dio andasse in frantumi.
Chi non ama è il vero ateo.
E perciò non dovrebbe più parlare di Dio: «Non predichi da nessun pulpito, da nessuna cattedra. Senza amore non c’è nessun magistero» (David M. Turoldo).
Ma non basta dire amore: quale amore?
È l’amore totale gratuità del Padre per cui si ama senza calcoli, senza limiti, senza ragione.
Si ama perché è bello amare.
È l’amore gratitudine del Figlio per cui ci si lascia amare riconoscendo che «l’amore non è solo ciò che tu puoi dare all’altro, l’amore è anche la capacità di ricevere l’altro, di dirgli grazie perché lui esiste» (Bruno Forte).
Ancora: l’amore vero è quello dello Spirito che ha la passione di lanciare ponti e di comunicare cancellando fanatismi, intolleranze, divisioni.
È l’amore che si apre, l’amore accoglienza, l’amore partecipazione.
Abbiamo accennato appena al senso della Trinità per la nostra vita.
Sarebbe tutto da riprendere con quello Spirito contemplativo e adorante attraverso cui possiamo stupirci e poi balbettare qualcosa del mistero di Dio.
Prendiamo almeno un piccolo impegno: che il segno di croce non sia più un gesto convenzionale, ma diventi un sì consapevole detto alla Trinità, al Padre, al Figlio, allo Spirito.
Come se dicessimo ogni volta: «Sono pronto a vivere e a rivelare con la mia vita il tuo amore, Padre, e il tuo amore, o Gesù, Figlio di Dio, e il tuo amore, o Spirito di amore, il vostro amore che vi unisce in una comunione perfetta e che seppure confusamente, sento come il principio, il senso, la ragione, la gioia di tutta la mia vita».
Don Donato
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