Cari fratelli e sorelle,
Natale è più facile, senza dubbio. Lo sappiamo capire bene, lo descriviamo nei modi semplici della nascita di un bambino, lo viviamo nella gioia del ritrovarci insieme. Ma la Pasqua? Com’è Gesù risorto? Dove sta?
I vangeli hanno le stesse difficoltà nel descrivere l’annuncio di Pasqua e la presenza di Cristo risorto.
Forse la risposta sta nelle parole dell’angelo: «Voi cercate Gesù il Nazareno, il crocifisso. Non è qui, è risorto». Come viene qualificato Gesù dalle parole dell’angelo? Come il Nazareno e come il crocifisso. Gesù abita nei luoghi in cui sembra scomparire, nei luoghi dove nessuno pensa di trovarlo. Abita nel nascondimento, nell’abbassamento di Nazaret, abita nel fallimento della croce. La forza del Risorto si rivela nei luoghi dove la sua immagine appare agli occhi del mondo perdente, sconfitta, umiliata, priva di successo. Dove parrebbe impensabile scoprirlo, dove nessuno si aspetterebbe di cercarlo, dove nessuno lo vorrebbe trovare.
Dov’è allora il Signore? Marco ci suggerisce almeno due luoghi dove cercarlo.
Il primo luogo è «altrove». L’altrove è il luogo sconosciuto, distante, il luogo dell’altro, mai fissato e mai definito, sempre da inseguire e mai definitivamente raggiunto, il luogo della sorpresa e dell’inaspettato, quello che spesso ci fa paura. «Non è qui, è risorto» dice l’angelo alle donne. Non è tra i morti perché è il Risorto, il Vivente. Forse non lo troviamo perché ci ostiniamo a cercare un morto, un’immagine, un’idea, e non un vivente, una persona da inseguire e da incontrare.
Il secondo luogo è quello del nascondimento e del fallimento: Nazaret e la croce, in altre parole. Facciamo fatica ad accettare la parte dei perdenti, a scegliere l’ultimo posto. Eppure è quello che insistentemente, da Nazaret alla croce, ha fatto Gesù per noi. La ricerca del Signore è fatta da poveri, coi poveri, coi mezzi poveri. Gesù si è fatto nulla, dalla nascita alla croce. Vuol dire che non possiamo interpretare la nostra vita di fede come crescita di forza, di potere, di successo. Se c’è un luogo dove possiamo trovarlo, un «altrove» dove incontrarlo è là dove non vorremmo, dove siamo costretti a nasconderci, ad abbracciare la croce. E forse l’idea di vivere così ci mette addosso una paura terribile. Ma può vivere diversamente uno che davvero vuole trovare il Signore?
L’altro modo ce lo descrive il Vangelo di Giovanni. Quando dice che gli apostoli Pietro e Giovanni corrono al sepolcro, dopo l’annuncio di Maria Maddalena. La fede nasce da una corsa e ci porta a correre.
Corre la donna, corrono anche gli uomini. Si dirigono verso il luogo della morte, dato che è lì dove, secondo quanto gli è stato detto, è stata trovata la vita. Questo è fondamentale. Vuoi vivere? Recati nel luogo della morte. Vuoi amare? Preparati al dolore. Vuoi conoscere il resuscitato? Entra nel sepolcro, nel tuo sepolcro, quello in cui ti stai sotterrando da anni. Lì, nella tua oscurità, è dove ti attende la vita. La luce è l’ombra illuminata. Il resuscitato è la morte vinta. Lo Spirito ti attende proprio nel luogo da cui fuggi, affinché tu sappia che Egli è più forte di ciò che tanto ti terrorizza.
Non possiamo essere esperti di Dio senza conoscere il cuore delle tenebre. Non è che dobbiamo cercarle, questo no. Vengono da sole, anche senza invito. Basta aprire gli occhi e guardare: l’oscurità è lì, è sempre lì, in attesa, pronta a divorare la sua preda. Ma basta fermare lo sguardo per scoprire che il cuore dell’oscurità è la luce.
Ora sì: senza fiato per la corsa, i discepoli vedono il sudario e i teli. Vedono, la fede è un nuovo modo di vedere il mondo. Certo, il mondo era già lì, è sempre stato lì; ma chi ha fede è come se lo vedesse per la prima volta, dato che vede realmente quel che si trova lì, ciò che senza fede non avrebbe potuto vedere.
E cos’è quel che vede, cos’ha di speciale? Vede il sudario e i teli, cioè vede le impronte dell’amore. Perché quel sudario e quei teli sono la scia fisica che è rimasta dell’amore professato verso Gesù da alcune delle sue discepole. E ora i discepoli lo vedono. Non vedono l’assenza del maestro, bensì la presenza dell’amore. E in questo amore che vedono, perché lo vedono realmente in quei teli e in quel sudario, vedono anche il loro Maestro, che è la persona dell’amore.
Tu vedi l’amore? Lo vedi? L’amore in una telefonata, in un saluto del vicino, nel cellulare che squilla, nella caffettiera fumante… Vedi tu l’amore nel letto ben rifatto, nella tavola ben imbandita, nella pioggia che picchietta sulla finestra? In cosa vedi tu l’amore? Non ti rendi conto che la fede serve a vedere l’amore?
Le parole sono vive se ci aiutano a resuscitare i morti che abbiamo dentro. Non ti rendi conto che la fede serve a essere amore?
Che tu possa trovare Gesù risorto nella tua vita!
don Donato
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