Settanta anni fa, il 10 dicembre 1951, nasceva la nostra parrocchia.
Un salmo della Bibbia dice riguardo alla vita dell’uomo: “gli anni della vita sono settanta. Ottanta per i più robusti. Ma quasi tutti sono fatica. Passano presto e noi ci dileguiamo”.
Ma per la nostra parrocchia 70 anni sono ancora niente. E poi la comunità non è certo in via di estinzione. Anzi.
Che valore dare ad un anniversario del genere? E a che serve una parrocchia nel quartiere?
Mi piace pensare che quando si costruisce una chiesa, Dio stabilisce un’alleanza con la materia. Nel libro della Genesi Dio ci viene presentato come un artigiano che modella l’argilla. Lui non si distanzia dal mondo, ma lo abita, lo riempe della sua presenza. L’Infinito sceglie con predilezione la terra. Perfino le pietre.
E diventa viandante con il suo popolo nel deserto accettando di abitare sotto una tenda.
E dopo la tenda un tempio. Ma Dio sognava un tempio vivo, il ventre di una creatura. E poi il corpo del suo Figlio. E ogni creatura abitata dallo Spirito di Dio. “Voi siete tempio di Dio” dice san Paolo.
E’ la logica dell’Incarnazione che continua. Di un Dio che continua a sognare la bellezza nelle sue creature, di un’armonia che si esprime attraverso i cuori e le coscienze, di una architettura fatta di fede, giustizia, carità.
Quando entro nella nostra chiesa mi vengono in mente tre movimenti.


Il primo è quello dell’accoglienza. Tanta gente entra nella nostra chiesa dalle cinque porte per le ragioni più diverse. Per cercare Dio, per sfogare i propri dolori, per chiedere consigli, per avere i sacramenti, per giocare all’oratorio, per chiedere un aiuto economico. Una chiesa è fatta per accogliere. Chi supera quelle porte si raccoglie dalla dispersione e forse prende coscienza (quanto è difficile nei nostri quartieri anonimi!) di essere popolo di Dio convocato per lodare il Signore e la Sua Presenza, ed anche per recuperare rapporti di amicizia e di affetto senza cui è triste vivere. Nella nostra chiesa ci sono tre punti che sono i tre centri spirituali  e di attenzione per chi entra. L’altare per la Messa e l’ambone per la proclamazione della Parola di Dio. Da lì si irradia il senso più alto della vita. Su quell’altare vengono portate le gioie e i dolori della vita e Cristo offre tutto al Padre che ci dà il Figlio come forza per il cammino. E il secondo centro è il tabernacolo, dove la presenza di Cristo ci stringe a sé e prolunga il nostro desiderio di parlargli, di stare con Lui nel silenzio della preghiera e nell’adorazione eucaristica. E sapere che al centro del quartiere c’è l’Eucarestia, è bellissimo!
Il terzo punto focale è l’immagine della Madonna del Riposo, a cui le persone si rivolgono perché in Lei cielo e terra si sono toccati e la sua presenza da sempre nel quartiere è segno di consolazione e sicura speranza.

C’è un secondo movimento legato alla vita della parrocchia e della chiesa. Essa è luogo di convocazione e di accoglienza, ma anche luogo di missione. Le porte che prima si sono aperte per accogliere, ora si aprono verso l’esterno, dove la gente vive e lavora. Dove è necessario portare il Vangelo. Come sarebbe bello se ogni volta che usciamo di chiesa, sentissimo il bisogno di gridare a tutti le parole che ci hanno commosso, e quelle che attendono di diventare un lieto annuncio: “siamo nelle mani del Padre e niente e nessuno ci potrà rapire dalla mano di Dio”.

Ma c’è un terzo movimento che nella nostra chiesa è molto evidente, perché è stata costruita molto in altezza. Movimento verso l’alto, al di sopra dei limiti del tempo e dello spazio. Molti mali di cui soffriamo oggi (depressione, scontentezza, insofferenze) derivano dal fatto che la nostra speranza si arresta di fronte alla morte. Viviamo in un mondo chiuso, con prospettive limitate, con sogni che rimangono nella nostra mente.
Chi può soddisfare la nostra fame di verità, di amore, di giustizia, di bellezza e di pace?
“Io do loro la vita eterna” ci dice Gesù. Ed è a questa vita che tendiamo con tutte le nostre forze, per ritrovarci con tutti coloro che ci hanno preceduto, che hanno pregato in questa chiesa, che hanno gioito e sofferto con noi.
Così vogliamo orientare il nostro cammino nei prossimi anni. Ringraziando Dio per l’immenso tesoro di grazia e di vita che ha dato alla nostra parrocchia. Noi pietre vive su cui si reggerà, speriamo, chi arriverà dopo di noi.

Buon compleanno, san Pio V!


Don Donato

 

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Dio non si è stancato di noi.
Accogliamo la Quaresima come il tempo forte in cui la sua Parola ci viene nuovamente rivolta:
«Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile» (
Es 20,2).
È 
tempo di conversione, tempo di libertà

(Papa Francesco)


 

 

 

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