Sei entrato in chiesa perché vuoi pregare. Fermati e trova il tempo per riposarti e riprendere speranza con questa preghiera. Ogni settimana un testo diverso di autori di varie tradizioni per aiutarti a ritrovare il gusto della preghiera silenziosa. Perché, diceva Sant’Agostino: «nutre l’anima solo ciò che la rallegra».
Lodi a Dio Altissimo
Tu sei santo, Signore Iddio unico, che fai cose stupende.
Tu sei forte. Tu sei grande. Tu sei l’Altissimo. Tu sei il Re onnipotente. Tu sei il Padre santo, Re del cielo e della terra.
Tu sei trino e uno, Signore Iddio degli dèi. Tu sei il bene, tutto il bene, il sommo bene, Signore Iddio vivo e vero.
Tu sei amore, carità. Tu sei sapienza. Tu sei umiltà. Tu sei pazienza. Tu sei bellezza. Tu sei sicurezza. Tu sei la pace. Tu sei gaudio e letizia. Tu sei la nostra speranza. Tu sei giustizia. Tu sei temperanza. Tu sei ogni nostra ricchezza.
Tu sei bellezza. Tu sei mitezza. Tu sei il protettore. Tu sei il custode e il difensore nostro. Tu sei fortezza. Tu sei rifugio. Tu sei la nostra speranza.
Tu sei la nostra fede. Tu sei la nostra carità. Tu sei tutta la nostra dolcezza.
Tu sei la nostra vita eterna, grande e ammirabile Signore, Dio onnipotente, misericordioso Salvatore.
San Francesco d’Assisi, (1182-1226) Lodi a Dio Altissimo
Fonti Francescane, 261
Dobbiamo lasciarci incantare da questa melodia delle Lodi di Dio Altissimo, sgorgate dal cuore di san Francesco dopo avere ricevuto le stimmate. Nel corso delle Lodi di Dio Altissimo le due parole Tu sei sono ripetute 32 volte come un ritornello intenso e penetrante. Francesco è davanti al suo Dio, lo contempla, e nella contemplazione percepisce l’abisso che si frappone tra la creatura e il Creatore. Scaturisce quindi un interrogativo che potrebbe definirsi doloroso, perché emergente dalla coscienza della propria indegnità: «Chi se' tu, o dolcissimo Iddio mio? Che sono io, vilissimo vermine e disutile servo tuo?”. Con la stigmatizzazione avviene un cambiamento. Conformato a Cristo e in Lui trasformato attraverso le stigmate, diventato alter Christus, Francesco fa la più pura conoscenza di Dio, ne sperimenta pienamente l’identità. Per cui la sua preghiera adesso diventa affermazione. In realtà l’interrogativo Chi sei tu… non esprimeva un dubbio o una problematica; era anch’esso una affermazione; un altro modo di proclamare la grandezza di Dio. L ’esclamazione “Tu sei” è confessione della fede, grido di ammirazione, invocazione fiduciosa. Il ritornello “Tu sei” ritma tutta la preghiera: dobbiamo fermarci su queste due piccolissime parole, dalle quali emerge quale è l’essenza della preghiera, in quanto capacità di entrare in rapporto con il Tu di Dio e di chiamarlo Padre. La preghiera è, essenzialmente, relazione. Nella preghiera, che è relazione, si riflette l’essere di Dio, la vita stessa di Dio. Francesco può rapportarsi in maniera diretta e intima con il Tu di Dio, perché ha superato la fase individualistica dell’Io-Esso. Francesco è il Povero; in lui non c’è alcuna forma di possesso egoistico, è la creatura totalmente espropriata, ha percorso il cammino dell’exitus a se (uscita da se stesso) per compiere il reditus ad Deum (il ritorno a Dio), abbandonandosi completamente nelle mani del Padre e consegnandosi totalmente a Lui: “d'ora in poi voglio dire: "Padre nostro, che sei nei cieli", non più "padre mio Pietro di Bernardone" (3Comp 20; FF 1419). Cosi Francesco perviene alla esperienza della identità di Dio, e al culmine di tale esperienza esclama di Dio: Tu sei … Non dice mai: Tu hai … No, ma Tu sei … Dio è l’Essere. In Francesco stigmatizzato c’è il contatto più immediato e completo con l’Essere, la partecipazione più intima all’Essere di Dio. Il Francesco della Verna è ormai una creatura trasfigurata, capace di penetrare nell’intimità di Dio e di realizzare con lui la forma più alta di dialogo: Io-Tu. Nelle Lodi di Dio altissimo il Tu sei … ripetuto più e più volte da Francesco è respiro e battito di amore. Questo è, infatti, la preghiera. Pregare non è altro che parlare a Dio con il cuore; non prega chi parla a Dio soltanto con la bocca. Più che di formulare parole è necessario illuminare la mente e infiammare il cuore.
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