I mesi che vengono dopo il periodo estivo, soprattutto quello di settembre, sono mesi densi di buoni propositi, maturati per lo più durante le vacanze, quando su una spiaggia assolata o al cospetto di affascinanti vette tutto ci sembra più bello. Ma anche per coloro che non sono andati in vacanza, il riposo urbano, all’interno della propria casa, può aver aiutato a scoprire spazi di silenzio e di riposo, che hanno indotto a riflessioni impossibili in altri momenti dell’anno. In tali contesti gli affanni della vita quotidiana ci appaiono più lontani, quasi evanescenti, e spesso ci si ritrova con gli amici, i familiari o soli con se stessi, facendo propositi di cambiamenti di vita o di abitudini per l’immediato futuro. Poi quando si torna a casa si prova a cambiare, ma spesso l’abitudine e gli ambienti casalingo e lavorativo ci travolgono e tutto torna come prima o, in certi casi, anche peggio di prima. Ad ottobre poi si è di nuovo fatta l’abitudine e tutto riprende come lo si era lasciato a luglio e agosto e via così, aspettando l’arrivo dell’altro periodo folle dell’anno, quello prenatalizio, che stiamo vivendo in queste settimane.
Dobbiamo rassegnarci a questo ritmo?
Ovviamente dipende da noi, dalla nostra volontà, ma non esclusivamente. L’ambiente influisce, aiuta, condiziona, ma forse vale la pena di cercare di prendere in mano la situazione, principalmente in quel luogo che è la nostra famiglia.
Sembra anacronistico menzionare la famiglia. Soprattutto oggi che tale termine è declinato in mille varianti: famiglia nucleare, famiglia allargata, famiglia in crisi, famiglia sfasciata, famiglia multietnica.
Ricominciamo ad apprezzare e, se del caso, a ricostruire la nostra famiglia, cercando soprattutto (e in primo luogo) di recuperare il rapporto con i figli. Certo, a volte sono proprio questi ultimi ad essere causa di molte crisi della famiglia, con le loro fughe, le loro contestazioni, la voglia di rendersi autonomi e di fare esperienze. Tutte esigenze queste certamente legittime, da poterle considerare naturali. Ma quante volte invece queste esigenze, per quanto legittime e naturali possano essere, sono invece un modo per sfuggire ad una famiglia che in concreto non c’è più, che esiste solo sulla carta, che si risolve in un cognome da scrivere sul campanello di casa o sulla casella della posta?
Ed allora il cambiamento vagheggiato mesi fa proviamo a farlo prima di tutto con i nostri figli. Non è facile e, secondo qualcuno, la crisi globale non aiuta. Ma è proprio nei periodi di crisi che più facilmente si può cambiare. È proprio nelle difficoltà del vivere quotidiano che la famiglia, e in particolare i genitori, possono contribuire a riallacciare quel rapporto di fiducia e di aiuto reciproco che sono essenziali per ricostruire una connettività di sentimenti. È importante rivitalizzare quel flusso di confidenza e di fiducia, che costituisce la base per ogni progetto di vita; e i genitori possono farlo anzitutto con l’esempio di come, anche in tempi difficili e di crisi, si possano affrontare con eroismo quotidiano le prove che ogni giorno si devono affrontare. E inoltre i genitori, pur con tutte le inevitabili difficoltà, provino ad interessarsi di ciò che fanno i figli; quante volte l’apatia e il disagio di molti ragazzi sono frutti di un disinteresse mostrato dai genitori per le iniziative intraprese.
È noto, lo si ripete sempre, il mestiere di genitore è il più difficile, ma i figli sono creature nostre, che abbiamo fortemente voluto, ma che non possiamo pretendere siano dei nostri cloni o delle copie di personaggi famosi o di modelli che magari noi avevamo e che, per una serie di ragioni, non siamo riusciti ad imitare.
Lo sforzo di cambiamento che potrebbe caratterizzare il nostro periodo autunnale e invernale, provocando un arricchimento reciproco, potrebbe pertanto orientarsi sui nostri figli, ma non nel senso di un loro occhiuto controllo o di critica serrata sulle loro iniziative, bensì parlando con loro, rispettandone le aspirazioni e cercando di far rinascere in loro quell’esigenza di famiglia che, in molti, neanche hanno mai conosciuto. È difficile, ma vale la pena provarci.
Roberto Zannotti e Federica Marinello
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