Certo, ci vuole la fede. E mai come a Pasqua bisogna tirar fuori la fede, non una vaga religiosità di facciata.
No, non è affatto facile credere a Pasqua. Sempre che si comprenda veramente che cosa è successo quel mattino, in quell’orto. E quali conseguenze ha per noi il fatto che Cristo ha scrollato quel macigno, l’ha fatto rotolare via e ha lasciato il sepolcro.
A Pasqua niente sta più al suo posto. Se ne sono accorte le donne che si recavano al sepolcro per compiere i riti funebri e non hanno più trovato il cadavere, hanno visto la grossa pietra che non stava al posto assegnato.
Pasqua è sconquasso, disordine. Non ci capiscono nulla, rimangono frastornate le donne, gli apostoli, i soldati di guardia. Vita e morte “rovesciate”. A Pasqua tutto è messo sottosopra. Neppure i macigni stanno al loro posto. E la luce non sta fuori, ma filtra dal buio di un sepolcro. Ci sono angeli che parlano, guardie che vengono colte di sorpresa e vanno a prendere ordini per imbastire una bugia da spacciare come giustificazione.
A Pasqua c’è confusione di idee. E sei costretto a rivedere tutto. Sei obbligato a prendere atto che è la debolezza a vincere, non la violenza. Che il perdono ha la meglio sull’odio. Che il fallimento si trasforma in trionfo. Quella che era considerata la fine di tutta l’avventura diventa un inizio inimmaginabile. L’amore ha l’ultima parola. La morte è messa... a morte.
A Pasqua scopri che la morte non è la conclusione del dramma, ma soltanto il penultimo atto. Altro che ordine! Nella testa, per poco che rifletti, ti accorgi che tutto dev’essere risistemato. Hai smarrito il bandolo del gomitolo, ti è sfuggito il filo...
Non ultimo, per i discepoli la confusione è grande anche perché le donne sono le protagoniste indiscusse. Sul Calvario loro c’erano, non hanno abbandonato la postazione. Mentre i discepoli sono chiusi nella loro paura, loro fin dalla semi-oscurità del giorno fatidico sono già in movimento. E sono loro le destinatarie del messaggio sconvolgente, incaricate di trasmettere la notizia sensazionale agli apostoli.
Gli uomini, loro, accolgono con una certa sufficienza la comunicazione e la considerano un “vaneggiamento” femminile. Dopo, però, sono costretti ad arrendersi, a inseguire le donne.
Durante tutta la Pasqua gli uomini non ci fanno una grande figura.
Forse è venuto il tempo di tornare a sorprenderci, perché non ci stupisce più nulla, e ricordare che il Signore si presenta a noi capovolgendo calcoli e attese. Forse è questo il tempo in cui riscoprirsi «sorpresi dalla gioia» e ribadire l’idea che la felicità non è il più delle volte l’esito sperato dei nostri sforzi, ma dono che giunge dall’alto, che ci salta addosso, che ci tende un’imboscata e ci lascia senza parole e senza fiato.
E capiamo che credere è smettere di pensare di sapere già tutto prima e fidarsi dei luoghi dove tu ci aspetti, ci precedi e ci guidi. È perdere il controllo totale sulla propria vita e osare strade nuove, e avventurarsi in tempi sconosciuti.
Ci vuole più coraggio, lo sappiamo, e per questo, Signore, ci inviti a celebrare ancora la tua Pasqua. La risurrezione è una fede che diventa nuova, la grazia di credere e di rinascere più forti dalle prove della vita.
Tanti auguri!
don Donato
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