Vorrei parlarvi di un concetto che da alcuni giorni mi affascina, il concetto cioè della Pasqua come terra di pace.
E’ superfluo ricordare che le primissime parole pronunciate da Gesù davanti alla comunità il giorno di Pasqua furono queste: “Pace a voi”. Ora se le ultime parole di un morente vanno custodite con la venerazione che si deve avere per le reliquie, le prime parole di un risorto vanno accolte con tutta l’attenzione che si deve ai manifesti programmatici.
Ecco perché la Chiesa ha questo compito da quel giorno di Pasqua: quello di annunciare la pace, questo il suo progetto politico, questa è la sua linea diplomatica, questo il suo indirizzo amministrativo, ... la pace; non la sistemazione pacifica, ... la pace; non il plauso dei potenti che sarebbero disposti a pagare prezzi da capogiro pur di comprare i silenzi della Chiesa sulla guerra.
La pace: questo è il programma della Chiesa; non il consenso della gente che è sempre disposta a barattare la libertà con le cipolle d’Egitto.
Ecco perché la Chiesa non dovrebbe scoraggiarsi, anche se il compito a casa che le ha assegnato il Risorto la sera di Pasqua è un compito difficile: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace...”. “ Pace a voi”: nel Vangelo di San Giovanni viene ripetuto tre volte; ogni volta che Gesù risorto compare, adopera questa espressione.
Ecco, chi altro, quindi, se non la Chiesa ha il vantaggio di attingere a piene mani al fondo di quella riserva utopica che le ha dato il Signore.
+ Tonino Bello
(da Antonio Bello "Scritti di pace" – ed. Mezzina 1997, Molfetta)
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