Sei entrato in chiesa perché vuoi pregare. Fermati e trova il tempo per riposarti e riprendere speranza con questa preghiera. Ogni settimana un testo diverso di autori di varie tradizioni per aiutarti a ritrovare il gusto della preghiera silenziosa. Perché, diceva Sant’Agostino: «nutre l’anima solo ciò che la rallegra».

 

VERGINE DELL’ATTESA

Santa Maria, vergine dell'attesa, donaci del tuo olio perché le nostre lampade si spengono. Vedi: le riserve si sono consumate. Non ci mandare ad altri venditori. Riaccendi nelle nostre anime gli antichi fervori che ci bruciavano dentro, quando bastava un nonnulla per farci trasalire di gioia.

Se oggi non sappiamo attendere più è perché siamo a corto di speranza. Se ne sono disseccate le sorgenti. Soffriamo una profonda crisi di desiderio. E, ormai paghi dei mille surrogati che ci assediano, rischiamo di non aspettarci più nulla neppure da quelle promesse ultraterrene che sono state firmate col sangue dal Dio dell'alleanza.

Santa Maria, donna dell'attesa, conforta il dolore delle madri per i loro figli che, usciti un giorno di casa, non ci son tornati mai più, perché uccisi da un incidente stradale o perché sedotti dai richiami della giungla. Perché dispersi dalla furia della guerra o perché risucchiati dal turbine delle passioni. Perché travolti dalla tempesta del mare o perché travolti dalle tempeste della vita.

Santa Maria, vergine dell'attesa, donaci un'anima vigiliare. Giunti nel terzo millennio, ci sentiamo purtroppo più figli del crepuscolo che profeti dell'avvento. Sentinella del mattino, ridestaci nel cuore la passione di giovani annunci da portare al mondo, che si sente già vecchio. Portaci, finalmente, arpa e cetra, perché con te mattiniera possiamo svegliare l'aurora.

Di fronte ai cambi che scuotono la storia, donaci di sentire sulla pelle i brividi dei cominciamenti. Facci capire che non basta accogliere: bisogna attendere. Accogliere talvolta è segno di rassegnazione. Attendere è sempre segno di speranza. Rendici, perciò, ministri dell'attesa. E il Signore che viene, vergine dell'Avvento, ci sorprenda, anche per la tua materna complicità, con la lampada in mano.

Tonino Bello (1935-1993), preghiere

 

Antonio Bello nasce ad Alessano in provincia di Lecce il 18 marzo 1935 da un maresciallo dei carabinieri e da una donna semplice e di grande fede. Presto gli muoiono in guerra i due fratelli e il padre, un fatto che lo segnerà per la vita.

Subito dopo le elementari, è mandato in seminario; sarà ordinato sacerdote a soli 22 anni. In seguito, per ben 18 anni sarà maestro nel seminario di Ugento, nel complesso periodo post-conciliare, mettendo alla prova il suo stile educativo fra i giovani. Intanto organizza conferenze, incontri liturgici con personalità religiose come Ernesto Balducci, Davide Maria Turoldo, Don Riboldi stabilendo con loro forti legami di amicizia.
Dopo tanti anni di seminario e di studio per laurearsi in teologia, alla fine degli anni "70, diventa parroco della piccola cittadina di Tricase. Da questo momento, davvero può calarsi nei problemi quotidiani della gente di una terra per molti versi bisognosa.
La notorietà a livello nazionale, don Tonino (come volle sempre essere chiamato) la raggiunge con la nomina a vescovo di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi nell’82 e con l’incarico di presidenza di Pax Christi tre anni dopo.
È in questo periodo che si definisce la sua concezione di Chiesa "del grembiule", che sa rinunciare ai "segni del potere" per scegliere il "potere dei segni", ripartendo dal servizio, soprattutto degli ultimi, dei lontani, dei deboli.
Lo troviamo così insieme agli operai delle Acciaierie di Giovinazzo in lotta per il lavoro, con i pacifisti nella marcia a Comiso contro l’installazione dei missili, con gli sfrattati che ospiterà in episcopio. Né mancheranno iniziative più solide come la Casa della Pace, la comunità per tossicodipendenti Apulia, la Sacra Famiglia, un centro di accoglienza per terzomondiali dove volle anche una piccola moschea per i musulmani.
Fanno discutere la sua adesione alla battaglia contro l’istallazione di aerei militari americani a Crotone e Gioia del Colle, alla campagna di obiezione alle spese militari e all’opposizione alla guerra del golfo. L’ultima iniziativa di rilievo che lo vede ispiratore e partecipe, sebbene seriamente ammalato, è la marcia nonviolenta verso Sarajevo partita da Ancona il 7 dicembre 1992 che vede raccolte circa 500 persone di diversa nazionalità, credenti e non. Nel discorso pronunciato nel cinema di Sarajevo, parla di resistenza attiva, difesa popolare nonviolenta e di un ONU rovesciata, quella dei popoli, della base; ne parla come di germi destinati un giorno a fiorire. Anche senza di noi, afferma con umiltà"
Pochi mesi dopo, il 4 settembre 1993, morirà consumato da un cancro.
L’ispirazione fondamentale di Don Tonino Bello è quella cristiana, autenticamente evangelica: accanto alla cura dei poveri e degli ultimi, egli presta una profonda considerazione verso ogni concreta e differente esperienza umana.
Simbolo caratteristico di tale concezione delle cose e dell’uomo è la Trinità, figura di un Dio che si fa differenza, comunione e offerta: "la realtà delle tre Persone uguali e distinte che formano un solo Dio, deve essere l’archetipo morale della comunione umana. Questo vuol dire che tutti i viventi della terra, destinati a formare in Cristo un solo uomo, vanno riconosciute la dignità di persona, la radicalità dell’uguaglianza, l’originalità della destinazione." In una omelia per l’Avvento scrisse: “Mi viene da pensare che anche in cielo oggi comincia l'Avvento, il periodo dell'attesa. Qui sulla terra è l'uomo che attende il ritorno del Signore; lassù nel cielo è il Signore che attende il ritorno dell'uomo, ritorno che si potrà realizzare con la preghiera, con una vita di povertà, di giustizia, di limpidezza, di purezza, di amore, con la testimonianza evangelica e con una forte passione di solidarietà.

 

 

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