Sei entrato in chiesa perché vuoi pregare. Fermati e trova il tempo per riposarti e riprendere speranza con questa preghiera. Ogni settimana un testo diverso di autori di varie tradizioni per aiutarti a ritrovare il gusto della preghiera silenziosa. Perché, diceva Sant’Agostino: «nutre l’anima solo ciò che la rallegra».

 

Non accusarmi, Signore!

Onnipotente Signore, abbi pietà di me, non accusarmi.
Abbi pietà di me se la notte amo più del giorno, se non bevo alla sorgente da cui sgorga la tua Parola,
se il mio spirito, solo e impotente, erra, come lontano da te, se crudeli immagini solcano i miei occhi, velando la tua vista,
se io mi aggrappo alla terra, se ho paura di accostarmi a te, Signore.
Spegni questo braciere, cambia il mio cuore, Signore, liberami dalle passioni e dal loro incantesimo
perché soltanto allora potrò venirti incontro e imboccare la porta stretta della salvezza.

Michail Jur'evič Lermontov (1814-1841)

Poesie, 1829

 

Michail Jur'evič Lermontov, figura di spicco del romanticismo, è considerato uno tra i maggiori scrittori del XIX secolo. Militare di carriera, durante la sua breve vita pubblica soltanto un volume di poesie, Versi, e il capolavoro in prosa, il romanzo Un eroe del nostro tempo (1840), mentre la sua opera poetica che più di ogni altra sarà esaltata nell'Ottocento, Il Demone, fu pubblicata postuma.

Era nato a Mosca nel 1814, morirà a 27 anni nel 1841, lasciando però una fama letteraria molto alta, legata ai suoi poemi. Ed è a Michail J. Lermontov che dobbiamo anche questa preghiera di taglio penitenziale, adatta a trasformarsi in un esame di coscienza quaresimale per tutti.

Dobbiamo, infatti, riconoscere di avere anche noi preferito spesso le tenebre alla luce, di non aver bevuto alla sorgente della Parola di Dio ma di esserci abbeverati a cisterne screpolate che non possono trattenere l’acqua se non quella fangosa e inquinata, per usare una celebre immagine del profeta Geremia (2, 13). Anche noi, come il figlio prodigo, abbiamo errato lontano, su piste sbagliate, che non conducevano all’oasi delle acque di Dio, anche noi ci siamo incantati davanti alle seduzioni del piacere, del benessere, delle cose, evitando di accostarci al Signore, alla sua verità e purezza. Ecco, allora, dopo la confessione, l’invoca zione del perdono, espressa in toni appassionati. La domanda fondamentale è quella di un «cuore cambiato», come chiedeva anche l’orante del «Miserere»: «Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo» (Salmo 51, 12). Solo così potremo affrontare la via scoscesa che conduce alla «porta stretta» evangelica, al di là della quale sorge l’aurora della salvezza. La via spaziosa e piana che a volte percorriamo conduce, infatti, solo alla morte, all’infelicità, al silenzio.

 

 

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