Sei entrato in chiesa perché vuoi pregare. Fermati e trova il tempo per riposarti e riprendere speranza con questa preghiera. Ogni settimana un testo diverso di autori di varie tradizioni per aiutarti a ritrovare il gusto della preghiera silenziosa. Perché, diceva Sant’Agostino: «nutre l’anima solo ciò che la rallegra».

 

Cercatori del tuo volto

 

A tutti i cercatori del tuo volto

mostrati, Signore;

 

a tutti i pellegrini dell’assoluto,

vieni incontro, Signore;

 

con quanti si mettono in cammino

e non sanno dove andare

cammina, Signore;

 

affiancati e cammina con tutti i disperati

sulle strade di Emmaus,

e non offenderti se essi non sanno

che sei tu ad andare con loro,

tu che li rendi inquieti

ed incendi i loro cuori;

 

non sanno che ti portano dentro:

con loro fermati poiché si fa sera

e la notte è buia e lunga, Signore.

 

David M. Turoldo (1916-1992)

preghiere

 

 

Il mese di ottobre è dedicato alla preghiera per le missioni e così presentiamo questa preghiera di Padre David Turoldo, nato in Friuli, a Coderno di Sedegliano in provincia di Udine, nono figlio di una povera famiglia di contadini, il 22 novembre 1916. Frate e sacerdote nell’Ordine dei Servi di Maria, visse presso il Convento di San Carlo al Corso in Milano gli anni della Resistenza e della ricostruzione civile. In quel contesto diede vita alla “Messa della Carità” e insieme all’amico e confratello Camillo de Piaz al centro culturale “Corsia dei Servi”.

Conosce anche l’allontanamento da Milano a causa delle sue posizioni di apertura, e l’esilio. Rientrato in Italia fu di comunità in vari conventi tra cui Firenze e Udine, presso la Madonna delle Grazie, dove scrisse sceneggiò e produsse il film “Gli ultimi” con la regia di Vito Pandolfi. Dal 1963 si trasferì a Fontanella, frazione di Sotto il Monte, ridando vita all’antica Abbazia di Sant’Egidio e al centro culturale ed ecumenico Casa di Emmaus.

Ancora oggi molti sono i visitatori e i frequentatori che salgono per attingere alla sua forte eredità spirituale e culturale. Sulla sua scia una comunità di frati Servi di Maria mantiene viva la presenza e le intuizioni.

Nel piccolo cimitero locale egli riposa sotto una semplice croce lignea, dopo la morte avvenuta a Milano il 6 febbraio 1992.

Scrittore, poeta, saggista, conferenziere, interviene nella vita culturale, sociale e religiosa del paese, con libri, articoli, interviste e seguitissimi interventi su radio e televisione, coinvolgente per la sua irruenza profetica e la visione esigente e alta dell’uomo, della società e della chiesa. Padre David Maria Turoldo fu soprattutto un cantore della Bibbia, dalla Genesi all’Apocalisse. Riprese in forma poetica il libro dei Salmi e trasse particolare ispirazione per alcuni testi poetici dal Cantico dei Cantici e dal libro di Qoelet. Collaborò poi con monsignor Gianfranco Ravasi, sacerdote della diocesi di Milano e in seguito cardinale, a volumi di commento alla Scrittura con testi poetici a commento delle letture bibliche della liturgia.

Quest’ultimo disse di lui che scopo e ragione d’essere della sua poesia è stato quello di far cantare la Parola divina, esterna a lui, donata, di cui la sua possente voce, da cattedrale o da deserto, era solo «conchiglia ripiena». Per usare la definizione che padre Turoldo diede di se stesso, «Servo e ministro sono della Parola».

 

 

Sei entrato in chiesa perché vuoi pregare. Fermati e trova il tempo per riposarti e riprendere speranza con questa preghiera. Ogni settimana un testo diverso di autori di varie tradizioni per aiutarti a ritrovare il gusto della preghiera silenziosa. Perché, diceva Sant’Agostino: «nutre l’anima solo ciò che la rallegra».

 

Lodi a Dio Altissimo

Tu sei santo, Signore Iddio unico, che fai cose stupende.
Tu sei forte. Tu sei grande. Tu sei l’Altissimo.  Tu sei il Re onnipotente. Tu sei il Padre santo, Re del cielo e della terra.
Tu sei trino e uno, Signore Iddio degli dèi.  Tu sei il bene, tutto il bene, il sommo bene, Signore Iddio vivo e vero.
Tu sei amore, carità. Tu sei sapienza. Tu sei umiltà.  Tu sei pazienza. Tu sei bellezza. Tu sei sicurezza. Tu sei la pace.  Tu sei gaudio e letizia. Tu sei la nostra speranza.  Tu sei giustizia. Tu sei temperanza. Tu sei ogni nostra ricchezza.
Tu sei bellezza. Tu sei mitezza.  Tu sei il protettore. Tu sei il custode e il difensore nostro. Tu sei fortezza. Tu sei rifugio.  Tu sei la nostra speranza.
Tu sei la nostra fede. Tu sei la nostra carità. Tu sei tutta la nostra dolcezza.
Tu sei la nostra vita eterna, grande e ammirabile Signore, Dio onnipotente, misericordioso Salvatore.
 

San Francesco d’Assisi, (1182-1226) Lodi a Dio Altissimo
Fonti Francescane, 261

 

Dobbiamo lasciarci incantare da questa melodia delle Lodi di Dio Altissimo, sgorgate dal cuore di san Francesco dopo avere ricevuto le stimmate. Nel corso delle Lodi di Dio Altissimo le due parole Tu sei sono ripetute 32 volte come un ritornello intenso e penetrante. Francesco è davanti al suo Dio, lo contempla, e nella contemplazione percepisce l’abisso che si frappone tra la creatura e il Creatore. Scaturisce quindi un interrogativo che potrebbe definirsi doloroso, perché emergente dalla coscienza della propria indegnità: «Chi se' tu, o dolcissimo Iddio mio? Che sono io, vilissimo vermine e disutile servo tuo?”. Con la stigmatizzazione avviene un cambiamento. Conformato a Cristo e in Lui trasformato attraverso le stigmate, diventato alter Christus, Francesco fa la più pura conoscenza di Dio, ne sperimenta pienamente l’identità. Per cui la sua preghiera adesso diventa affermazione. In realtà l’interrogativo Chi sei tu… non esprimeva un dubbio o una problematica; era anch’esso una affermazione; un altro modo di proclamare la grandezza di Dio. L ’esclamazione “Tu sei” è confessione della fede, grido di ammirazione, invocazione fiduciosa. Il ritornello “Tu sei” ritma tutta la preghiera: dobbiamo fermarci su queste due piccolissime parole, dalle quali emerge quale è l’essenza della preghiera, in quanto capacità di entrare in rapporto con il Tu di Dio e di chiamarlo Padre. La preghiera è, essenzialmente, relazione. Nella preghiera, che è relazione, si riflette l’essere di Dio, la vita stessa di Dio. Francesco può rapportarsi in maniera diretta e intima con il Tu di Dio, perché ha superato la fase individualistica dell’Io-Esso. Francesco è il Povero; in lui non c’è alcuna forma di possesso egoistico, è la creatura totalmente espropriata, ha percorso il cammino dell’exitus a se (uscita da se stesso) per compiere il reditus ad Deum (il ritorno a Dio), abbandonandosi completamente nelle mani del Padre e consegnandosi totalmente a Lui: “d'ora in poi voglio dire: "Padre nostro, che sei nei cieli", non più "padre mio Pietro di Bernardone" (3Comp 20; FF 1419). Cosi Francesco perviene alla esperienza della identità di Dio, e al culmine di tale esperienza esclama di Dio: Tu sei … Non dice mai: Tu hai … No, ma Tu sei … Dio è l’Essere. In Francesco stigmatizzato c’è il contatto più immediato e completo con l’Essere, la partecipazione più intima all’Essere di Dio. Il Francesco della Verna è ormai una creatura trasfigurata, capace di penetrare nell’intimità di Dio e di realizzare con lui la forma più alta di dialogo: Io-Tu. Nelle Lodi di Dio altissimo il Tu sei … ripetuto più e più volte da Francesco è respiro e battito di amore. Questo è, infatti, la preghiera. Pregare non è altro che parlare a Dio con il cuore; non prega chi parla a Dio soltanto con la bocca. Più che di formulare parole è necessario illuminare la mente e infiammare il cuore.

 

 

Sei entrato in chiesa perché vuoi pregare. Fermati e trova il tempo per riposarti e riprendere speranza con questa preghiera. Ogni settimana un testo diverso di autori di varie tradizioni per aiutarti a ritrovare il gusto della preghiera silenziosa. Perché, diceva Sant’Agostino: «nutre l’anima solo ciò che la rallegra».

 

Preghiera per il giorno che sta per cominciare

Signore è l’alba.
Fa’ che io vada incontro nella pace a tutto ciò che mi porterà questo giorno.
Fa’ che io mi consegni totalmente alla tua santa volontà.
Donami in ogni momento la tua luce e la tua forza.
Qualunque notizia io riceva oggi, insegnami ad accettarla nella quiete e nella fede salda che nulla può accadere se tu non lo permetti.
In ogni mia azione e parola
dirigi i miei pensieri e i miei sentimenti.
In tutti gli eventi inattesi, non farmi dimenticare che ogni cosa proviene da te!
Insegnami ad agire con apertura e intelligenza verso tutti i miei fratelli e le mie sorelle e verso tutti gli uomini, senza mortificare o contristare nessuno.
Signore, donami la forza di portare la fatica del giorno che si avvicina, e di tutti gli eventi inclusi nel suo corso.
Guida la mia volontà, insegnami a pregare, a credere, a perseverare, a soffrire, a perdonare... e ad amare!

 S. AMBROGIO (1812-1891)
STAREC DEL MONASTERO DI OPTINA

 

Optina-Pustin è un celebre monastero che nell’Ottocento era diventato un centro di spiritualità con un’enorme influenza nella vita e nel pensiero della Russia. Allora, agli starcy (si legge “startsy”cioè i monaci) di questo monastero ricorrevano intellettuali e gente semplice. A Optina sono convenuti Gogol, Dostoevskij e Tolstoj, tra altri.

Dopo la “notte” del regime comunista, il monastero ha ripreso vita ed è ridiventato di nuovo meta di pellegrinaggi. Tutte le chiese sono state rifatte, gli affreschi ridipinti, e giardini e cimitero riflettono un lavoro attento e curato. E non è solo il frutto delle risorse investite nei lavori d’edilizia. Nel monastero ci sono attualmente 150 monaci. Non sono ancora i più di trecento che ci vivevano negli anni fiorenti della seconda metà del secolo XIX, ma comunque un numero notevole, se si pensa che il monastero è stato riaffidato alla Chiesa ortodossa solo nel 1987.

L’atmosfera del monastero offre un senso di tranquillità, segno che la vita entro quelle mura non ha niente a che fare con le preoccupazioni e le corse del mondo rimasto fuori. Ma dà anche un senso di austerità.

La storia di Optina-Pustin è certamente carica di penitenza e di preghiera, ma anche di vita e morte, scomparse e rinascite della vita del monastero, che in certi periodi è stata lodata anche come un esempio di fraternità. La nascita forse rimonta al secolo XIV. Narra una leggenda di un bandito, di nome Opta, che si sarebbe convertito e fatto monaco. Verso la fine del secolo XVIII, nel monastero vivevano solo tre vecchi monaci, uno dei quali cieco, e sembrava destinato ad estinguersi. Pare che la rinascita di Optina sia legata a un passaggio del metropolita di Mosca, Platon, alla fine del Settecento.

Il primo igumen (abate), arrivato col compito di ricostruire il monastero, fu Avraamij che, dopo il primo periodo a Optina, scriveva che poteva solo «pregare e piangere», tali erano le condizioni che aveva trovato. Nel gennaio de 1918, poco mesi dopo la rivoluzione di ottobre, il nuovo governo decise la chiusura del monastero. I monaci sono stati dispersi o arrestati e inviati ai lager. Qualcuno è stato fucilato. Il monastero viene saccheggiato e le chiese desacralizzate. Durante la Seconda guerra mondiale, è stato usato per raccogliere prigionieri, tra cui anche gli ufficiali polacchi. Optina-Pustin ha anche i suoi nuovi martiri. Nel ’93, tre monaci sono stati assassinati da un uomo che, probabilmente legato a qualche culto satanico, si è introdotto nel monastero proprio con l’intenzione di versare sangue cristiano.

La figura di più grande rilievo tra gli starec di Optina-Pustin è Amvrosij (Ambrogio), nome preso da monaco in onore del santo milanese. Il suo tumulo, nella chiesa della “Presentazione di Maria Bambina al Tempio”, è oggetto di grande venerazione. Nonostante una debolissima salute, passava varie ore al giorno a ricevere persone che lo visitavano per chiedere consigli e preghiere. Abitava fuori delle mura del monastero, nello skit, un eremitaggio a parte fatto per i monaci che volevano condurre una vita più isolata, con una regola più severa. Lo skit si trovava a circa duecento metri dal monastero principale in un denso bosco.

Tra i visitatori che si sono rivolti ad Amvrosij c’è stato anche Fëdor Dostoevskij, nel maggio del 1878, portato dal suo amico, il filosofo Vladimir Solovjov, in un momento molto difficile della vita dello scrittore. Era appena morto suo figlio, Aljoscia, di tre anni. Dostoevskij ha passato tre giorni a Optina e si è incontrato tre volte con padre Amvrosij. «È ritornato come confortato e significativamente tranquillizzato», ha scritto la moglie Anna Grigorevna su questo momento della vita dello scrittore.

Alcuni motivi e personaggi del romanzo I fratelli Karamazov riflettono aspetti dell’esperienza vissuta dall’autore a Optina, e nella figura dello starec Zosima tanti riconoscono tratti di Amvrosij. Sotto la spinta di Amvrosij, è stato fondato, non lontano da Optina, il monastero femminile di Sciamordino, che verso la fine dell’Ottocento contava circa mille suore, tra cui una sorella di Lev Tolstoj, Maria. Anche l’eremitaggio ha ripreso vita nei nostri giorni, con una trentina di monaci.

 

 

Sei entrato in chiesa perché vuoi pregare. Fermati e trova il tempo per riposarti e riprendere speranza con questa preghiera. Ogni settimana un testo diverso di autori di varie tradizioni per aiutarti a ritrovare il gusto della preghiera silenziosa. Perché, diceva Sant’Agostino: «nutre l’anima solo ciò che la rallegra».

 

Ti amo mio Dio

Ti amo, mio Dio,
e il mio unico desiderio è di amarti
fino all'ultimo respiro della mia vita.
Ti amo, o Dio, infinitamente amabile,
e preferisco morire amandoti, piuttosto
che vivere un solo istante senza amarti.
Ti amo, Signore, e l'unica grazia
che ti chiedo, è di amarti eternamente.
Ti amo, mio Dio, e desidero il cielo
soltanto per avere la felicità
di amarti perfettamente.
Mio Dio, se la mia lingua
non può dire ad ogni istante: ti amo,
voglio che il mio cuore
te lo ripeta ogni volta che respiro.
Ti amo, o mio divino Salvatore,
perché sei stato crocifisso per me,
e mi tieni quaggiù crocifisso con te.
Mio Dio, fammi la grazia
di morire amandoti e sapendo che ti amo.


San Jean-Marie Vianney - Il Curato d'Ars 1786-1859

 

 

Noto come “il Curato d’Ars”, Giovanni Maria Vianney nasce l’8 maggio 1786 a Dardilly, vicino Lione. I genitori sono contadini e lo avviano sin da piccolo al lavoro nei campi, tanto che Giovanni arriva all’età di 17 anni ancora analfabeta. Grazie agli insegnamenti materni, però, conosce a memoria molte preghiere e vive un forte senso religioso.

Intanto, in Francia soffiano i venti della Rivoluzione: Giovanni si accosta al Sacramento della Confessione in casa, non in chiesa, grazie a un sacerdote “refrattario” che non ha giurato fedeltà ai rivoluzionari. Lo stesso avviene per la prima Comunione, ricevuta in un granaio, durante una Messa “clandestina”. A 17 anni, Giovanni avverte la chiamata al sacerdozio: “Se fossi prete, vorrei conquistare molte anime”, dice. Ma la strada non è facile, considerate le poche conoscenze culturali. Solo grazie all’aiuto di sacerdoti sapienti, tra cui l’Abbé Balley, parroco d’Écully, viene ordinato presbitero il 13 agosto 1815, all’età di 29 anni.

Tre anni dopo, nel 1818, viene mandato ad Ars, piccolo villaggio nel sudest della Francia, abitato da 230 persone. Qui, dedica tutte le sue energie alla cura dei fedeli: fonda l’Istituto “Provvidenza” per accogliere gli orfani, visita gli ammalati e le famiglie più indigenti, restaura la chiesa, organizza feste patronali. Ma è nel Sacramento della Confessione che la missione del Curato d’Ars si esprime al meglio: sempre disponibile all’ascolto e al perdono, trascorre fino a 16 ore al giorno nel confessionale. Quotidianamente, una folla di penitenti di ogni parte della Francia si confessa da lui, tanto che Ars viene rinominata “il grande ospedale delle anime”. Lo stesso Vianney veglia e digiuna per contribuire all’espiazione dei peccati dei fedeli: “Vi dirò qual è la mia ricetta – spiega a un confratello - do ai peccatori una penitenza piccola e il resto lo faccio io al loro posto”.

Donato interamente a Dio e ai suoi parrocchiani, muore il 4 agosto 1859, all’età di 73 anni. Le sue spoglie riposano ad Ars, nel Santuario a lui dedicato, che ogni anno accoglie 450 mila pellegrini. Beatificato nel 1905 da Pio X, Giovanni Maria Vianney viene canonizzato nel 1925 da Pio XI che nel 1929 lo proclama “Patrono di tutti i parroci del mondo”. Nel 1959, nel centenario della sua morte, San Giovanni XXIII gli dedica l’Enciclica Sacerdotii Nostri Primordia, additandolo a modello dei sacerdoti mentre nel 2009, per il 150.mo anniversario dalla sua scomparsa, Benedetto XVI indice un “Anno sacerdotale”, per “contribuire a promuovere l’impegno d’interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti, per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi”. Con la sua vita semplice e piena di fede, parla ai contemporanei e ricorda a ciascuno la realtà fondamentale della nostra vita: “Dio è qui”.

 

 

Sei entrato in chiesa perché vuoi pregare. Fermati e trova il tempo per riposarti e riprendere speranza con questa preghiera. Ogni settimana un testo diverso di autori di varie tradizioni per aiutarti a ritrovare il gusto della preghiera silenziosa. Perché, diceva Sant’Agostino: «nutre l’anima solo ciò che la rallegra».

 

Quando ho fame

Signore, quando ho fame, dammi qualcuno che ha bisogno di cibo; quando ho un dispiacere, offrimi qualcuno da consolare; quando la mia croce diventa pesante, fammi condividere la croce di un altro; quando non ho tempo, dammi qualcuno che io possa aiutare per qualche momento;
quando sono umiliata, fa che io abbia qualcuno da lodare; quando sono scoraggiata, mandami qualcuno da incoraggiare; quando ho bisogno della comprensione degli altri, dammi qualcuno che ha bisogno della mia; quando ho bisogno che ci si occupi di me, mandami qualcuno di cui occuparmi; quando penso solo a me stessa, attira la mia attenzione su un’altra persona.

Rendici degni, Signore, di servire i nostri fratelli che in tutto il mondo vivono e muoiono poveri ed affamati. Dà loro oggi, usando le nostre mani, il loro pane quotidiano, e dà loro, per mezzo del nostro amore comprensivo, pace e gioia.

Madre Teresa di Calcutta (1910-1997)

 

Madre Teresa nacque a Skopje in Macedonia nel 1910, da genitori albanesi.

Quando era solo una bambina perse il padre e questo fatto drammatico cominciò a minare la solidità economica della famiglia e la spinse a dedicarsi sempre più alle attività della parrocchia della sua città, dando anche aiuto ai poveri.

Nel 1928, a diciotto anni, decise di prendere i voti entrando come aspirante nelle Suore di Loreto, un ramo dell’Istituto della Beata Vergine Maria che svolgeva attività missionarie in India.

Fu proprio in India che cominciò da vicino ad aiutare i malati ed a insegnare in un collegio cattolico, e nel 1937 finalmente pronunziò i voti perpetui, divenendo così Madre Teresa, nome che mantenne per il resto della vita. Madre Teresa ben presto però capì che doveva fare di più, cioè uscire dal convento e mettersi al servizio dei “più poveri tra i poveri” e degli emarginati, tra le vie della città di Calcutta, dove la sua missione ebbe ufficialmente inizio. Nel 1948 inoltre volle prendere la cittadinanza indiana, dando l’ulteriore dimostrazione del suo legame con le persone che voleva servire.

Nel 1950, Madre Teresa fondò la propria congregazione delle Missionarie della carità e come divisa scelse un semplice sari bianco a strisce azzurre, a quanto si dice perché aveva i colori della casta degli intoccabili, la più povera dell’India.

Il numero delle persone aderenti alla missione ben presto crebbe e nel 1965 papa Paolo VI concesse alle Missionarie della carità il titolo di “congregazione di diritto pontificio” e la possibilità quindi di espandersi anche fuori dall’India.

Nel corso degli anni ottanta nacque poi l’amicizia fra papa Giovanni Paolo II e Madre Teresa, i quali si scambiarono visite reciproche.

Grazie all’appoggio di papa Wojtyła, Madre Teresa riuscì ad aprire ben tre case a Roma, fra cui una mensa nella Città del Vaticano dedicata a Santa Marta, patrona dell’ospitalità.

Negli anni novanta, le Missionarie della Carità superarono le quattromila unità con cinquanta case sparse in tutti i continenti.

Il suo lavoro instancabile tra le vittime della povertà di Calcutta l’ha resa una delle persone più famose al mondo e le valse numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Nobel per la Pace nel 1979.

Morì nel 1997 ed a seguito dei numerosi miracoli ricevuti per sua intercessione è stata proclamata beata da papa Giovanni Paolo II il 19 ottobre 2003 e santa da papa Francesco il 4 settembre 2016.

Madre Teresa non si considerava una suora di vita attiva, anzi, di sé e delle altre Missionarie della Carità diceva: “siamo delle contemplative che vivono in mezzo al mondo”.

Questa sua spiritualità, inoltre che aveva tratti di ispirazione francescana, era sintetizzata da Madre Teresa con l’immagine, in cui si riconosceva, ovvero di essere “una piccola matita nelle mani di Dio” e questo dice tutto riguardo il suo serio impegno che non si stancò mai di portare avanti per tutta la sua esistenza.

 

 


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